Omelia di don Stefano nella Domenica delle Palme – 24 marzo 2024

In questa Settimana Santa occorre guardare gli alberi.
Essi ci insegnano ad avere la pazienza di germogliare, di diventare grandi ed infine, a suo tempo, di portare frutto.
Tra il seme ed il portare frutto, però, c’è la questione del “tempo”: il germoglio, il diventare forti, l’accogliere l’acqua e la luce del sole…
Nel Vangelo di Giovanni al capitolo 12, quando alcuni Greci chiedono di vedere Gesù, Egli racconta loro la vicenda del chicco di frumento: “Se il chicco di frumento non cade nella terra e non muore, rimane solo; se muore porta molto frutto”.
La Sua Passione, Morte e Risurrezione sono il modo più certo per portare frutto.
Vogliamo, dunque, guardare Gesù che pianta dentro di noi il seme della Sua Parola e seguire passo dopo passo il cammino che ci porterà a “dare molto frutto”.

Oggi, Domenica delle Palme, giorno in cui accogliamo Gesù tra le strade della nostra vita, riscopriamo la bellezza che vince sempre su ciò che sembra tale. Non siamo noi a definire ciò che è bellezza, è Gesù che definisce i confini della bellezza! Noi cerchiamo scorciatoie, surrogati… Il poeta romano Trilussa in una sua poesia si immagina il dialogo tra un taglialegna e l’albero che vorrebbe tagliare. Quest’ultimo indica all’uomo che cosa vale veramente…

L’Omo e l’Arbero

Mentre segava un Arbero d’Olivo
un Tajalegna intese ‘sto discorso:
Un giorno, forse, proverai er rimorso
de trattamme così, senza motivo.

Perché me levi da la terra mia?
Ciavressi, gnente, er barbero coraggio
de famme massacrà come quer faggio
che venne trasformato in scrivania?

Invece – j’arispose er Tajalegna –
un celebre scurtore de cartello,
che lavora de sgurbia e de scarpello,
te prepara una fine assai più degna.

Fra poco verrai messo su l’artare,
te porteranno in giro in processione,
insomma sarai santo e a l’occasione
farai quanti miracoli te pare. –

L’Arbero disse: – Te ringrazzio tanto:
ma er carico d’olive che ciò addosso
nun te pare un miracolo più grosso
de tutti quelli che farei da santo?

Tu stai sciupanno troppe cose belle
in nome de la Fede! T’inginocchi
se vedi che un pupazzo move l’occhi
e nun te curi de guardà le stelle! –

Appena j’ebbe dette ‘ste parole
s’intravidde una luce a l’improviso:
un raggio d’oro: Iddio dar Paradiso
benediceva l’Arbero cór Sole.

Gesù si offre oggi come Colui che ci svela l’autentica bellezza

  • Egli è come l’ulivo della poesia che accetta di parlare anche con chi vorrebbe toglierlo di mezzo.
  • Egli è come l’ulivo della poesia che rivela ciò che vale.
  • Egli è come l’ulivo della poesia che offre i suoi frutti.
  • Egli come l’ulivo della poesia che smaschera la finzione e svela la realtà.

Ma Gesù che cosa rivela? Che cosa smaschera? Che cosa offre?

Anzitutto bisogna ben capire che cosa sia una “fine assai più degna”.
Non è degno per l’ulivo venire trasformato in una statua di santo! Gesù sceglie di passare attraverso la morte di croce da solo, portando il peccato di tutti!

Il libro di Isaia definisce bene quale sia la fine più degna: “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere… Come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure, egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori… Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità”.

In Gesù

  • c’è un di più tra quello che noi vediamo e ciò che realmente accade;
  • c’è nascosto un legame che unisce la mia vita e la sua;

E poi occorre capire che cosa sia ciò che: “Nun te pare un miracolo più grosso”.
Il miracolo più grosso è il carico di olive che ad ogni bacchiatura viene raccolta. La persona stessa di Gesù è il dono più grande e non quello che Egli può fare per noi!

Il profeta Zaccaria ci dice di che cosa abbiamo bisogno e che cosa Gesù è venuto a portare: “Egli è giusto e vittorioso, umile cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire il carro da guerra da Efraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni!”.

  • Gesù non spiega solamente il concetto di pace, ma Egli è anche la strada sicura per raggiungerla.
  • Gesù datore di pace non è una meta da conquistare, ma un dono da accogliere: Egli cammina verso di noi! Noi dobbiamo solamente rallentare per farci raggiungere da Lui!

Infine, serve imparare verso dove guardare: “E nun te curi de guardà le stelle!”. Guardiamo a Lui come stella polare attorno al quale vorremmo far girare tutta la nostra vita!

La lettera agli Ebrei ci suggerisce dove posare il nostro sguardo: “Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento”.

  • Ricominciare a guardare le stella significa rispolverare la fede che ha fatto muovere Abramo, il quale è stato invitato a contarle le stelle -se ci fosse riuscito-: tanto numerosa sarebbe stata la sua discendenza!
  • Ricominciare a guardare le stelle significa uscire all’aperto per farci stupire da quello che accade attorno a noi e dentro di noi.

Ma quanto è affidabile questo Gesù che mi propone una fine più degna, un miracolo più grosso e di guardare le stelle?
Nell’introduzione del libro “L’uomo che piantava alberi”, Jean Giono scrive: “Perché la personalità di un uomo riveli qualità veramente eccezionali, bisogna avere la fortuna di poter osservare la sua azione nel corso di lunghi anni”.

Noi Signore non abbiamo una pazienza così grande!
Sarebbe già tanto se riuscissimo a seguirti per il tempo di questa settimana …
E che questo rametto di ulivo ci ricordi che cosa l’Ulivo disse al taglialegna!!!