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Natale: la festa del coraggio

Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

Lc 2,6-7

La vita, qualsiasi vita (da quella attesa e cercata all’interno della coppia appena sposata, a quella che si assottiglia e se ne va, a quelle che si incontrano nel corso dell’esistenza…), ogni volta che la si incrocia crea sempre un grande (e sano) scombussolamento. Anche il venire di Gesù nella sua famiglia, nel mondo, non è stato da meno.

Mi piace leggere questo ‘non c’era posto per loro nell’albergo’, non tanto come segno della chiusura e della durezza di cuore di quegli uomini e donne contemporanei all’evento della nascita di Gesù (proiettata poi, moralisticamente, in avanti fino a noi da tanta predicazione…), ma come simbolo della differenza qualitativa che questa nascita aveva in sé, tanto grande e potente che nessuna struttura umana preconfezionata (l’albergo) poteva contenerla.

Il venire di Gesù nella storia inizia a ‘spaccare’ la gabbia del peccato che ci tiene prigionieri, soldatini perfetti sotto una cappa di piombo…, fin dal suo primo vagito: nasce fuori, ci vuole portare fuori e al di là di quanto abbiamo compreso finora di Dio, di noi, degli altri, del mondo… non a caso alla grotta vanno per primi quelli che sono ‘fuori’ dal mondo ebraico del tempo: i pastori e i Magi (anche qui un simbolo di tutta la varietà della scala umana: quelli che non vengono considerati e poveri – i pastori – quelli che sono stranieri e portatori di una cultura altra/diversa – i Magi -). Agli ‘ebrei’ dell’albergo, di Gerusalemme, della Palestina, di Legnano… il cammino, arduo e scomodo, per arrivare anche loro a questa grotta! E questi ebrei siamo tutti noi, i discepoli di ogni luogo e tempo che passo dopo passo conquistano la loro sequela del Signore proprio accettando lo spiazzamento a cui sono sottoposti.

Il Natale non è la festa della consolazione, ma la festa del coraggio, la festa dell’ardire a sperare altro per noi e per tutti pur nella mite e umile consapevolezza del nostro niente, anzi nella consegna del nostro niente (come niente di forza, potenza, intelligenza, parola, volontà… ha un bambino appena nato) a Colui che solo può colmarlo, riempirlo, correggerlo.

Un caro augurio di buon Natale del Signore a tutta la comunità!

I vostri sacerdoti e la diaconia, con le madri Canossiane, le suore Sacramentine e le suore Carmelitane

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